Ansia, farmaci e sessualità

Ansia, farmaci e sessualità

di Roberto Todella*


Quando la sessualità non si esprime come vorremmo o non è più come un tempo, quanto può dipendere dalla terapia farmacologica che stiamo assumendo per un disturbo d'ansia?

Di fatto psicofarmaci e sessualità non sempre van d'accordo: li lega un rapporto complesso e non facile da interpretare. L'influenza sulla vita sessuale può essere molto variabile: migliorarne la qualità quando i benefici della terapia sulle manifestazioni ansiose riverberano positivamente sulla disponibilità e sul desiderio sessuale, danneggiarla quando amplificano modalità e caratteristiche sessuali preesistenti (come una carente risposta eccitatoria o una difficoltà orgasmica).

Vediamo in dettaglio come agiscono.

I farmaci più comunemente usati per i problemi d'ansia sono gli antidepressivi dell'ultima generazione (paroxetina: Seroxat, Sereupin; citalopram: Elopram, Seropram; fluoxetina: Prozac, Fluoxeren; sertralina: Zoloft, ed altri ancora) e gli ansiolitici (Xanax, Frontal, Lexotan, Tavor, Control, Ansiolin, Valium, Prazene, per citare i più utilizzati).

Gli antidepressivi hanno come effetto più frequente sull'attività sessuale l'inibizione del riflesso orgasmico, che può manifestarsi come ritardo, difficoltà o impossibilità al raggiungimento dell'orgasmo. Le conseguenze sono variabili: un buon vantaggio sulla qualità del rapporto per l'uomo e per la sua partner qualora sia preesistente una rapidità dell'eiaculazione (sono utilizzati come terapia questa disfunzione). Nei soggetti in cui invece orgasmo ed eiaculazione avvenivano già con tempi lunghi, prima della terapia, l'effetto inibitorio può rendere difficile o impossibile la scarica orgasmica. Dobbiamo inoltre ricordare che tale effetto diminuisce con la riduzione del dosaggio terapeutico. Analoghe conseguenze sull'eiaculazione-orgasmo possiedono anche gli antidepressivi di vecchia generazione (i triciclici), meno frequentemente usati nei disturbi d'ansia.

Antidepressivi ed ansiolitici hanno in comune la possibilità di ridurre il desiderio sessuale e la risposta eccitatoria (erezione e lubrificazione). Anche questi effetti sono proporzionati alle dosi.

Alcuni studi sul rapporto farmaci-sessualità hanno però evidenziato come più spesso le disfunzioni sessuali di chi assume farmaci (ad esempio per la pressione alta o per uno stato depressivo) siano da attribuire più alla malattia per la quale si è in cura, che al farmaco stesso. Significa che la pressione alta o l'umore depresso sono direttamente in grado di modificare negativamente la risposta sessuale. Quindi, attenzione ad attribuire un'eccessiva responsabilità ai farmaci.

Per orientarsi, può essere utile porsi alcune domande: com'era la sessualità prima della terapia? E quanto la comparsa dei disturbi d'ansia ha modificato la vita relazionale affettiva e sessuale? E ancora, la difficoltà sessuale è un problema individuale o l'espressione di una insoddisfacente intimità e complicità erotica col partner? Queste riflessioni spesso ridimensionano il ruolo negativo delle cure farmacologiche.

In altri casi invece, i farmaci sembrano avere maggiori responsabilità, ma non dimentichiamo che, se la terapia può influenzare la nostra sessualità, ben difficilmente può deprimerla e svuotarla di significato: in altri termini possiamo partire dalla difficoltà che si è manifestata, utilizzandola come occasione di riflessione e presa in carico della nostra intimità, intesa come espressione del nostro mondo interiore e terreno di incontro-scontro con l'altro: evidenza di incapacità di crescita e di comunicazione o, al contrario, opportunità di percorsi comuni e nuove complicità.


* Sessuologo Specializzato in Ginecologia - Genova

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