Psicoanalisi (psicanalisi)

Psicoanalisi, termine coniato nel XX secolo unendo le parole psico e analisi (sul modello tedesco di psychoanalyse), definisce una particolare teoria psicologica che propone un modello di funzionamento della mente e dei processi psichici dell'uomo da un punto di vista dinamico, con particolare enfasi sull'inconscio, i sogni e la sessualità infantile; è usato anche per indicare il metodo terapeutico che in quella teoria ha le sue basi, appunto il metodo psicoanalitico. Fondatore di questa disciplina è stato Sigmund Freud.

La psicoanalisi si pone come scopo precipuo quello di individuare le cause delle nevrosi non in rapporto a specifici fatti traumatici accaduti in un passato più o meno remoto, ma in funzione di una possibile e complessiva distorsione della personalità conseguente ad un disarmonico sviluppo dell'istinto. Oltre che un metodo di cura, la psicoanalisi è anche una metapsicologia, ovvero una teoria del funzionamento della mente umana.

Sotto diversi aspetti la psicoanalisi - che nel corso del XX secolo si è sviluppata e modificata con il contributo di studiosi di diversa nazionalità - ha molto contribuito, assieme alla filosofia moderna, alla formazione del pensiero dell'uomo, analizzandone i sogni, gli istinti e le pulsioni sessuali, le modalità relazionali come i lapsus e gli atti mancati.

Poiché studia il contenuto conscio ed inconscio dei pensieri dell'essere umano, e il rapporto che esso ha con l'immaginazione e la creatività fantastica, la psicoanalisi può confinare - nell'immaginario collettivo - con un certo tipo di magia di influenzamento, che in terminologia scientifica si chiama fantasia di onnipotenza.
Indice
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* 1 Gli inizi della psicoanalisi
* 2 La tecnica psicoanalitica
* 3 Critiche alla psicoanalisi
o 3.1 Il dibattito sull'efficacia terapeutica
o 3.2 Critiche recenti alla psicoanalisi
* 4 Note
* 5 Bibliografia
* 6 Voci correlate
* 7 Collegamenti esterni

[modifica] Gli inizi della psicoanalisi
Per approfondire, vedi la voce Storia della psicoanalisi.

Poche altre imprese culturali hanno avuto la stessa straordinaria fortuna della psicoanalisi. A seguito dell'opera di Sigmund Freud, nella cultura occidentale si è diffusa per la prima volta la teoria che spiega, attraverso l’interpretazione di osservazioni non sistematiche e argomentazioni pseudo-scientifiche, le zone più recondite dell'animo umano. Freud privilegiò come terreno d'indagine quelle che apparivano come le componenti più irrazionali della personalità umana: i lapsus e gli atti mancati, il sogno e sintomi vari di natura psichiatrica. Fu lui ad attribuirne l’origine nei ricordi dell'infanzia e soprattutto in un oscuro “serbatoio degli istinti” che chiamò ”inconscio”, una parte di mente presente nel soggetto, al di fuori della sua mente cosciente.

La nuova “scienza” nacque alla fine del XIX secolo con lo scopo di spiegare e curare particolari disturbi nevrotici, come i disturbi isterici, di cui la medicina dell’epoca stava cercando una causa obiettivamente dimostrabile nell’ambito della neurologia nonché terapie efficaci. Di fronte al sostanziale fallimento anche della psicoanalisi come terapia, Freud sviluppò la teoria delle “resistenze”, ridefinendo sistematicamente come tali le contestazioni che la persona (paziente o allievo) opponeva alle sue interpretazioni. L’accettazione da parte del soggetto delle interpretazioni freudiane veniva quindi considerata un passaggio dei contenuti inconsci alla coscienza.

Si concentrò verso manifestazioni trascurate fino ad allora come le molteplici attività mentali fuori della norma (lapsus, amnesie) e i sogni, che erano state fino allora considerate marginali "distrazioni" o forme di indebolimento dell'attività della coscienza o forme di psicopatologia (comportamenti ossessivi, fobie, etc.) fino ad allora non bene inquadrate.

Secondo Freud, partendo dallo studio di simili manifestazioni, sarebbe stato possibile portare alla luce i meccanismi operanti nell’”inconscio”, che immaginava come fonte di forze o impulsi ad agire, che la coscienza avrebbe dovuto tenere a bada perché disdicevoli o socialmente inammissibili, così come una società si difende dai suoi elementi devianti. Secondo Freud, i vari comportamenti nevrotici erano spiegabili da questa “repressione” o “rimozione” degli impulsi istintivi.

Il presupposto di base consisteva nell’assunto che esistono leggi che governano la vita interiore e che queste sarebbero diverse da quelle della vita esteriore, cosa che permetteva di definire un campo di indagine autonomo dalle altre scienze, chiamato da Freud “psicologia del profondo”. Ciò esentava la psicoanalisi dal sottoporsi ai metodi di indagine e di verifica richiesti nelle scienze, come ad esempio nella psicologia.

Precisamente queste leggi sono tre:

1. l'esistenza dell'”inconscio”

La cui presenza si presumeva scientificamente dimostrata dal tentativo stesso di dare una spiegazione univoca sia a sintomi nevrotici, sia agli atti sintomatici e i lapsus.

2. l’esistenza di una energia psichica o “libido”

Originatasi nell’”inconscio”, vi sarebbe una energia di natura prevalentemente sessuale che tenderebbe ad avere una via di uscita attraverso una varietà di comportamenti, quali ad esempio i sintomi nevrotici,

3. il determinismo psichico o principio di causalità

Nella mente, al contrario che nella natura fisica, nulla avverrebbe per caso ma ogni rappresentazione mentale sarebbe concatenata e dipendente dalla precedente.

Seguendo questa strada, Sigmund Freud e sua figlia Anna Freud indagarono su fenomeni psichici apparentemente contraddittori, quali ad esempio le risposte a conflitti tra motivazioni opposte, gli auto-inganni o i falsi moralismi, interpretandoli come “meccanismi di difesa”. Ad esempio, l'uomo che nega a sé stesso certe rappresentazioni mentali disturbanti, mentendo a sé stesso sulla loro presenza, lo farebbe per ottenere il vantaggio di non provare dolore. Oppure, atteggiamenti moralistici, interpretati come l’effetto di un senso di colpa per azioni riprovevoli o della trasformazione delle pulsioni sessuali represse o deviate dal loro obiettivo naturale.

In questo modo, comportamenti apparentemente giustificati o anche ammirevoli appaiono in realtà derivanti da motivazioni poco lusinghiere o inconfessabili, soprattutto di natura sessuale.

Nell’esplorare la vita psichica dei pazienti e nel condurre le sue “terapie”, talvolta molto energiche e direttive, Freud si accorse ben presto che i pazienti sviluppavano talvolta nei suoi confronti reazioni molto emotive, positive o negative, come odio o innamoramento. Ne concluse, in accordo con la sua ipotesi dell’origine infantile delle nevrosi, che si trattava di un trasferimento verso la sua persona di atteggiamenti affettivi, ovvero nel suo lessico di cariche “libidiche”, che i soggetti stessi avevano provato nell’infanzia verso i propri genitori.

Credette quindi che si trattasse di un nuovo fenomeno, ovviamente inconscio, che chiamò “transfert”, ed arrivò a teorizzare che non vi potesse essere guarigione se questo non fosse “superato”, cioè se il paziente non accettasse l’interpretazione dell’analista di tali reazioni emozionali. La “teoria del transfert” divenne quindi uno dei capisaldi della costruzione teorica della psicoanalisi.

Le teorie di Freud suscitarono scandalo negli ambienti più conservatori della borghesia austriaca, nei primi anni del 1900, soprattutto in rapporto alle formulazioni sulla sessualità infantile, che era considerata da Freud la base dell'intera vita psichica. Dai colleghi dell'Università Freud era già stato fortemente criticato per certe sue conclusioni affrettate tratte da precedenti studi sulla cocaina, di cui pare sia stato un assiduo consumatore. Dopo l'esposizione delle teorie psicoanalitiche, fu quasi del tutto ignorato negli ambienti accademici.

Freud dovette andarsene dal reparto ospedaliero di Neurologia dove lavorava e fu costretto all'attività privata, in cui ebbe successo. Critici e detrattori successivi di Freud, che ebbero sempre meno fortuna di lui, furono spesso accusati, talvolta giustamente, di antisemitismo.

La psicoanalisi ebbe ben presto dei seguaci, riuscendo Freud a farla accettare (ma al di fuori della medicina ufficiale) come tecnica terapeutica per un certo tipo di malattie psichiatriche come le nevrosi, che non avevano ancora trovato terapie efficaci. Così intorno a Freud, nella città di Vienna, si andò formando il primo gruppo di allievi; questo permise a Freud di fondare nel 1910 l'International Psychoanalytical Association definendo così i criteri di formazione dei futuri analisti basati sull'analisi personale, le supervisioni, i corsi clinico-teorici. In quel periodo si vennero formando le prime società psicoanalitiche che aderiranno all'I.P.A.

Questo insegnamento iniziò attraverso regole che Freud codificò ben presto; sono regole che comportano un particolare stato di soggezione del candidato “psicoanalista”; questi doveva ed ancora oggi deve sottoporsi allo stesso trattamento che riserverà ai futuri pazienti. Tale relazione rendeva e rende possibile un vero e proprio indottrinamento da parte dell'analista.

Così la psicoanalisi, assumendo vari indirizzi e applicata ad ambiti diversi da quello originario, divenne ben presto una ideologia, cioè una concezione generale della natura umana e dei suoi rapporti con il mondo (Weltanschauung), in cui l’uomo viene visto come “agito” da forze oscure, inconfessabili o autodistruttive (come l’”istinto di morte”) su cui non ha sostanzialmente alcun controllo consapevole. Dopo l’immane disastro provocato dalla prima Guerra Mondiale, ma in una epoca in cui c’era ancora grande fiducia nella scienza, il clima era probabilmente favorevole ad accettare tale visione della natura umana.

I principali nomi da ricordare fra i primi analisti sono Otto Rank, Karl Abraham, Max Eitingon, Ernest Jones, Sandor Ferenczi e Hans Sachs. Un posto particolare spetta alla variante della Psicologia analitica, di Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero, il cui interesse si incentrò sullo studio dei modelli (o schemi mentali) impersonali e collettivi, che presumeva operassero anch’essi nell'inconscio, modelli che chiamerà "archetipi". Qui Jung credette di trovare la chiave per un'interpretazione sociale di particolari fenomeni psicologici, come l'”identificazione con un modello archetipico” che il bambino opererebbe nel giocare, o di fenomeni culturali, religiosi ed artistici che Jung vede come espressioni di “modelli archetipici”, presenti in una particolare raccolta mentale chiamata “inconscio collettivo”.

La psicoanalisi influenzò molti scrittori e pensatori del ‘900 come Italo Svevo, James Joyce, George Groddeck, Bertrand Russell ed Herbert Marcuse; inoltre, molti intellettuali si sottoposero all’analisi, contribuendo ad aumentarne il credito e quindi a diffonderla.

La psicoanalisi entrerà in Italia passando da Trieste dove Edoardo Weiss, analizzato da Federn, allievo di Freud, diede impulso decisivo alla Società Psicoanalitica Italiana che era stata fondata a Teramo nel 1925 da Marco Levi Bianchini, libero Docente presso l'Università di Napoli, Direttore dell'Ospedale Psichiatrico di Teramo. Nel 1932 la S.P.I. fu trasferita a Roma e riorganizzata da Weiss che, nello stesso anno fondava la Rivista di Psicoanalisi, che è tuttora l'organo ufficiale della S.P.I. In quel periodo spiccavano le figure di Cesare Musatti, Nicola Perrotti, Emilio Servadio e Alessandra Tomasi di Palma che contribuiranno, anche in seguito, alla divulgazione e al progresso clinico-teorico della psicoanalisi in Italia e all' estero.

Nel corso del secolo, soprattutto nel secondo dopoguerra ed anche per influenza dello sviluppo delle scienze umane, come la psicologia sociale, la psicoanalisi dei successori (“neofreudiana”) si è progressivamente distaccata dagli originari approcci "pulsionalisti", ovvero legati alle dinamiche intrapsichiche delle pulsioni e della “libido”. Si sviluppano invece versioni "relazionali", orientate alla comprensione delle dinamiche dei cosiddetti “investimenti oggettuali” e della loro articolazione nelle relazioni interpersonali.

Il luogo ultimo di origine di tali investimenti e quindi delle motivazioni umane rimane comunque l’”inconscio”, concetto che non ha riscontri in alcuna altra scienza. I molti orientamenti di stampo più relazionale nati dalla iniziale psicoanalisi, non hanno rinunciato ai pilastri teorici della “libido”, del “determinismo psichico” o del “transfert”, e soprattutto dell’”inconscio”. Questi sono indicati, in campo clinico, come psicoterapie “psicoanalitiche”. Altri trattamenti o orientamenti vengono invece chiamati “psicodinamici” o psicoanalitici, anche se poco hanno a che vedere con le suddette basi teoriche.

“Psicoanalisi” è considerata la dicitura corretta, volendo alcuni riservare il termine Psicanalisi (senza la "o") solo alla psicoanalisi di orientamento Lacaniano.

Tra gli anni '80 e gli anni '90 si sono ridotti gli studi che si proponevano di controllare gli esiti della psicoanalisi come metodo clinico. Tale tendenza si è però modificata negli ultimi anni, con la ripresa di ampi studi e meta-analisi sull'efficacia degli approcci psicodinamici (ovvero, derivati dalla psicoanalisi) nell'ambito della psicoterapia; interessanti appaiono a questo proposito gli attenti lavori di ricerca supportati, a livello internazionale, dalla SPR, Society for Psychotherapy Research Society for Psychotherapy Research.

[modifica] La tecnica psicoanalitica

La psicoanalisi fu sviluppata da Freud per cercare di affrontare i problemi di alcuni pazienti con cui falliva la tecnica catartica (ipnosi) utilizzata prevalentemente dal suo collega Breuer.

Freud parte da un modello in cui la mente umana ha una struttura tripartita: Io, SuperIo ed Es; il primo è il substrato cosciente ed è quello di cui si ha consapevolezza, l'Es è esattamente il suo opposto (inconscio) il quale raccoglie e memorizza un'enorme quantità di informazioni che vanno dal periodo della prima infanzia sino alla morte. Tuttavia nell'adulto il contenuto psichico dell'Es è celato e reso normalmente inaccessibile dal SuperIo che rappresenta il 'censore' della mente umana. In una situazione di normalità i ricordi rimossi che stazionano nell'Es vengono ostacolati dal SuperIo e quindi non riescono a raggiungere l'Io, quando invece un qualsiasi elemento cosciente riesce a 'risvegliare' un oggetto rimosso nasce un conflitto tra il ritorno del rimosso e le resistenze del SuperIo. Freud chiama tale situazione nevrosi (o psicosi nel caso in cui l'alterazione della personalità risulti tale da compromettere del tutto il contatto con la realtà).

Il metodo psicoanalitico si basa sull'idea che le nevrosi scaturiscano dall'incapacità dell'Io di impadronirsi delle idee rimosse: in altre parole, per Freud la conoscenza del motivo patologico è già di per sé cura del disagio stesso. Tuttavia gli elementi rimossi non sono noti a priori e quindi è impossibile cercare in una direzione precisa. Per questo motivo Freud basa la tecnica terapeutica sul concetto di associazione libera ovvero sul lasciare il paziente completamente svincolato da qualsiasi regola di condotta nei suoi discorsi.

Il soggetto viene quindi invitato a parlare liberamente di ciò che vuole, senza censurare nulla di quello che pensa ed a cambiare argomento ogniqualvolta lo desideri. La 'speranza' dell'analista è che, in seguito ai condizionamenti inconsci, il paziente rievochi elementi (o parti di essi) rimossi e permetta quindi all'analista di aiutarlo nella ricostruzione dei fatti, che in termini tecnici si chiama 'interpretazione'.

Particolare importanza hanno per Freud i sogni, egli infatti parte dal presupposto che durante il sonno REM la vigilanza del SuperIo sia ridotta, facilitando quindi il ritorno del rimosso all'Io sotto forma di materiale onirico, che si può ricordare al risveglio. In pratica il sogno è la strada maestra per addentrarsi nelle rappresentazioni simboliche e stratificate dell'inconscio.

Il fenomeno comunemente chiamato sogno è caratterizzato dall'avere un contenuto manifesto, ciò che effettivamente si ricorda al risveglio e un contenuto latente, composto da elementi rimossi alterati. Il passaggio dal contenuto latente a quello manifesto è operato dal lavoro onirico che è sostanzialmente strutturato in due processi: lo spostamento e la condensazione. Lo spostamento comporta la deviazione dell'elemento rimosso verso oggetti differenti, mentre la condensazione comporta l'unione di più elementi rimossi in un unico 'blocco audiovisivo'. Compito dell'analista è proprio quello di interpretare il sogno, al fine di ottenere il contenuto latente a partire da quello manifesto, facendo associare il paziente sulle rappresentazioni audiovisive che l'inconscio lascia filtrare.

[modifica] Critiche alla psicoanalisi

Freud considerava la psicoanalisi una scienza: "Ho sempre considerato una grande ingiustizia il fatto che non si sia voluto trattare la psicoanalisi come qualunque altra scienza naturale" (Sigmund Freud, "La mia vita e la psicoanalisi").

Tra le prime critiche al proposito va menzionata quella di un altro famoso viennese di quei tempi, l'umorista Karl Kraus (1874-1936) che era di diverso avviso su quella che va considerata, la creatura di Freud: la psicoanalisi. La psicoanalisi, sosteneva Karl Kraus, è più una passione che una scienza. Tra i corrosivi aforismi di Kraus contro la psicoanalisi il più celebre è forse quello che la definisce "quella malattia di cui ritiene di essere la terapia".

Dopo di lui, Egon Friedell (1878-1938), anche lui viennese, sostiene in un suo imponente lavoro dal titolo "Kulturgeschichte der Neuzeit" la stessa tesi: che la psicoanalisi non è scientifica e dopo aver sottolineato fortemente che la psicoanalisi non è una scienza giunge alla conclusione che Freud è un poeta e la psicoanalisi è la fede di una setta poiché sebbene si atteggi a scienza di fatto è una religione. Freud che si considerava un materialista convinto viene quì tacciato di metafisico, che sempre secondo il Friedell, la sua attenuante è quella di non saper di esserlo. Friedell sembra ribaltare tutti i giudizi, visto che la psicoanalisi da molti viene considerata come esercizio della riflessione per antonomasia, quì viene invece addirittura accusata di bloccare l'esercizio della critica nei cosiddetti adepti.

Su questo tema del fascino della psicoanalisi ottenebrante la ragione ritornerà più tardi il logico e filosofo Ludwig Wittgenstein (1889-1951). La psicoanalisi è "una mitologia che ha molto potere". Più in particolare, il procedimento della libera associazione delle idee, fa presente Wittgenstein, è alquanto oscuro, "perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta".

Una credenza diffusa vorrebbe che Albert Einstein fosse un grande ammiratore di Freud, ma come ha fatto notare A. H. Esterson, si tratta di un mito: in una lettera a uno dei suoi figli nei primi anni trenta[1] Einstein scrisse che non era rimasto convinto dalle opere di Freud e che riteneva i suoi metodi dubbi se non fraudolenti.

Dopo Wittgenstein, tra le critiche provenienti da personaggi in vista della scienza e della filosofia, la critica più nota nei confronti della psicoanalisi freudiana è sicuramente quella di Karl R. Popper. La posizione di Popper rispetto alla psicoanalisi è molto chiara: la psicoanalisi non è scientifica semplicemente per il fatto che non è falsificabile. E "quanto all'epica freudiana dell'Io, del Super-io e dell'Es non si può avanzare nessuna pretesa ad uno stato scientifico, più fondatamente di quanto lo si possa fare per l'insieme delle favole omeriche dell'Olimpo. Queste teorie descrivono alcuni fatti, ma alla maniera dei miti. Esse contengono delle suggestioni psicologiche assai interessanti, ma in forma non suscettibile di controllo". Ciò in contrasto con la maggior parte delle teorie fisiche le quali "sono del tutto [...] altamente falsificabili sin dall'inizio".

In questo dibattito interviene Adolf Grünbaum, autore del famoso libro "Philosophical Problems of Space and Time" (1963; ed. ampl. 1976), di "The Foundations of Psychoanalysis" e "Reflections on the Foundations of Psychoanalysis". Grünbaum critica il falsificazionismo di Popper e nega validità alla critica di Popper contro Freud. Se la teoria psicoanalitica non è scientifica perché non falsificabile, come sostiene Popper, tuttavia - si chiede Grünbaum - "quale dimostrazione ha mai offerto Popper per ribadire con enfasi che il corpus teorico freudiano è completamente privo di conseguenze empiricamente controllabili?". La conseguenza a cui arriva il procedimento logico di Grünbaum è che "l'incapacità di certi filosofi della scienza di individuare una qualsiasi conseguenza controllabile della teoria freudiana, dimostra che essi non ne hanno studiato a fondo, o non ne padroneggiano, il contenuto logico, non dimostra certo una carenza scientifica della psicoanalisi".

Sbaglia Popper a criticare Freud sulla base di una presunta non falsificabilità della psicoanalisi, questa è in sintesi la posizione di Grünbaum che tuttavia sostiene che in ogni caso la psicoanalisi non regge ugualmente. E non regge, tra altre ragioni, perché i dati clinici non sono attendibili: essi sono irrimediabilmente contaminati dall'analista. Ne conclude pur criticando le posizioni di Popper sulla scientificità della psicoanalisi che tuttavia attualmente la psicoanalisi non è in ottimo stato, "per lo meno per quanto riguarda i suoi fondamenti clinici".

A partire dagli anni settanta del ventesimo secolo, studiosi come Ellenberger, Cioffi, Sulloway hanno messo in dubbio l'integrità scientifica di Freud, appoggiandosi su prove documentali: sono state sottolineate ad esempio discrepanze fra le descrizioni di casi clinici negli articoli pubblicati di Freud e i resoconti degli stessi casi nella sua corrispondenza privata. Sulla scorta di questi studi, lo psicologo clinico Jacques Bénesteau (autore del libro Mensonges freudiens: Histoire d'une désinformation séculaire, vincitore nel 2003 del premio assegnato dalla Société française d'histoire de la médecine per il migliore libro dell'anno per la ricerca nella storia della medicina) ha sostenuto che Freud ha mentito su tutti i casi da lui trattati nei suoi scritti: "[...] abbiamo appreso, di pubblicazione in pubblicazione, e rivelazione dopo rivelazione, che Freud aveva manipolato i fatti, inventato dei malati, con i loro sintomi e una eziologia, fabbricato degli effetti terapeutici inesistenti e delle false prove, il tutto dissimulando le sue costruzioni sotto la protezione di una retorica straordinaria e dietro "fantasmi" supposti inconfutabili, quali il complesso d'Edipo, questa fantastica barriera disinformativa. La disinformazione e la sottrazione dei documenti dovevano fare il resto del lavoro."[2] Studiosi come il filosofo della scienza Frank Cioffi hanno tratto dalle critiche sulla veridicità degli scritti di Freud conseguenze riguardo alla validità della teoria psicoanalitica: "Allora, perché Freud è uno pseudoscienziato? La ragione principale è la seguente: ha dichiarato di aver testato -e dunque di aver fornito delle prove suscettibili di legittimare in modo convincente- delle teorie che erano inconfutabili o, quando erano confutabili, non erano state testate."[3]

Il Premio Nobel per la medicina Peter Medawar ha scritto nel 1975: "Gli psicoanalisti continueranno a prendere le più spaventose cantonate finché persevereranno nella loro convinzione impudente e intellettualmente debilitante secondo cui godono di un 'accesso privilegiato alla verità'. Si sta affermando l'opinione secondo cui la teoria psicoanalitica dottrinaria è la più prodigiosa truffa intellettuale del ventesimo secolo: nonché un prodotto terminale- qualcosa di simile a un dinosauro o a uno Zeppelin nella storia delle idee, una vasta struttura dal progetto radicalmente mal concepito e senza posterità."[4] E. Fuller Torrey, definito dal Washington Post "il più famoso psichiatra americano", scrivendo in "Witchhdoctors and Psychiatrists" (1986) ha sostenuto che le teorie psicoanalitiche non hanno un fondamento scientifico superiore a quello delle teorie dei guaritori indigeni tradizionali. Un numero crescente di scienziati considera la psicoanalisi una pseudoscienza (F. Cioffi, 1998), anche se diverse migliaia di psichiatri e psicologi, in particolare in paesi come la Francia e l'Argentina, la ritengono tutt'ora una delle teorie più clinicamente utili nell'ambito della psicoterapia. Nell'Europa del Nord e nei paesi anglosassoni, invece, secondo quanto riferisce Catherine Meyer, curatrice de "Le Livre noir de la psychanalyse", "essa non è quasi più insegnata nelle facoltà di psicologia e ha trovato rifugio nelle facoltà di lettere o di filosofia. Nei Paesi Bassi, paese in cui si consumano meno ansiolitici, la psicoanalisi è quasi inesistente come terapia. Negli Stati Uniti, solo 5000 persone seguono una psicoanalisi (secondo la rivista Times, 2003): in confronto a 295 milioni di Americani, questa cifra appare al giorno d'oggi del tutto marginale. [...] Il "Myers", quel manuale che serve da opera di consultazione per gli studenti di psicologia americani, consacra solo 11 pagine alle teorie freudiane, su 740 pagine complessive." Secondo Meyer, la Francia e l'Argentina rappresentano nel mondo più l'eccezione che la regola per quanto riguarda la predominanza della psicoanalisi nei campi della psicologia e della psicoterapia.[5]

È del 2000 il libro: “Il caso Marilyn M. e altri disastri della psicoanalisi” del prof. Luciano Mecacci, docente di Psicologia generale all’Università di Firenze. Si tratta di una durissima e documentata requisitoria contro la psicoanalisi, in cui si sostiene che le teorie psicanalitiche sono troppo soggettive ed arbitrarie per essere credibili e inoltre che la formazione degli psicanalisti non garantisce affatto che abbiano risolto i loro problemi interiori (come credono e vorrebbero far credere) e che quindi i pazienti e gli analisti stessi si trovano dentro rapporti a grave rischio. Il libro va a scavare negli intrecci perversi tra la vita privata degli psicanalisti più celebri, quella di allievi analizzandi, pazienti e loro familiari (intrecci e “costellazioni” dagli esiti spesso letali). Rivela impietosamente i tragici insuccessi (verificatisi più a causa della psicanalisi che nonostante essa), l’impressionante numero di suicidi tra psicanalisti, loro figli e loro pazienti, le falsificazioni dei casi clinici, ecc., insomma gli innumerevoli scheletri nell’armadio che la psicanalisi ha cercato di rimuovere.


[modifica] Il dibattito sull'efficacia terapeutica

Anche per quanto riguarda l'efficacia terapeutica della psicoanalisi il dibattito è stato molto forte, ed ha visto posizioni spesso contrapposte. Tra i critici, il succitato Jacques Bénesteau ha affermato che "È ormai ammesso che nessun malato è stato guarito da Sigmund Freud, e non si possiede alcuna prova che uno solo sia stato realmente migliorato dal suo "metodo". [...] In base alle expertise sull'efficacia terapeutica, i cui risultati sono regolarmente pubblicati, al giorno d'oggi è possibile dire che, dall'inizio del ventesimo secolo, il metodo psicoanalitico non ha avuto alcun successo terapeutico al suo attivo, neppure di miglioramento dei problemi psicologici di un solo paziente. Se la psicoanalisi avesse avuto una qualche efficacia superiore a 400 altre psicoterapie esaminate, ci si sarebbe affrettati a far valere, con i fatti, la superiorità di questi brillanti risultati, e la discussione sarebbe chiusa poiché il mondo medico avrebbe avuto l'obbligo morale di aderirvi."[6]

Molti altri importanti autori non condividono però queste posizioni, definite come "ipercritiche"; vi è anzi, sottolineano questi ultimi, una solida e ricca produzione scientifico-clinica sugli esiti positivi degli interventi psicoterapeutici psicodinamicamente orientati, produzione che nel corso degli anni si è progressivamente irrobustita ed ulteriormente articolata: si veda ad esempio l'ampia meta-analisi sull'efficacia della psicoterapia psicodinamica breve in numerosi disturbi psicologici di F.Leichsenring, S.Rabung, E.Leibing, nei prestigiosi Archives of General Psychiatry, 61, 2004, reperibile di seguito assieme ad altri studi clinici controllati sull'argomento Archivi. In ogni caso, come fanno notare nello stesso studio Leichsenring et al., diversamente da quanto avviene per la psicoterapia psicodinamica a breve termine, "per la psicoterapia psicoanalitica a lungo termine e la psicoanalisi, c'è un urgente bisogno di ricerca convincente sui risultati."[7]

In Francia, l'Institut national de la santé et de la recherche médicale (l'organismo pubblico francese dedicato alla salute e alla ricerca medica) ha pubblicato nel 2004 l'expertise collettiva "Psychothérapie: Trois approches évaluées", una rassegna critica di studi clinici e di meta-analisi precedenti, in cui veniva valutata l'efficacia di tre diversi approcci psicoterapeutici, fra cui quello di ispirazione psicoanalitica.[8] Gli otto esperti che hanno realizzato tale rapporto provenivano da indirizzi diversi di psicologia clinica, sei di loro erano stati psicoanalizzati e uno era uno psicoanalista lacaniano. Lo psichiatra e psicoterapeuta Jean Cottraux, uno di questi otto autori, riassume le caratteristiche e i risultati dell'expertise nel modo seguente: "[...] il rapporto INSERM non si occupava della psicoanalisi nel senso stretto del termine, esso valutava l'efficacia delle terapie psicoanalitiche brevi, della terapia familiare [di vari indirizzi] e delle terapie cognitivo-comportamentali. Le sue conclusioni erano particolarmente misurate. Erano stati studiati sedici disturbi. Le terapie cognitivo-comportamentali hanno dimostrato un effetto positivo in quindici disturbi su sedici, le terapie familiari in cinque disturbi su sedici, le terapie d'ispirazione psicoanalitica in un solo disturbo su sedici. Si trattava di disturbi della personalità in cui anche le TCC [sigla che sta per "terapie cognitivo-comportamentali"] hanno dimostrato la loro efficacia. Erano proposte indicazioni precise per ciascun disturbo, il che permetteva alle diverse correnti di dividersi il terreno in funzione dei loro poli di eccellenza. Il rapporto consentiva così ai pazienti di compiere una scelta informata. Le terapie psicoanalitiche brevi venivano considerate una buona indicazione in almeno il 30% delle domande di psicoterapia che provenivano da pazienti affetti da un disturbo di personalità isolato o associato alla depressione, o da un disturbo ansioso."[9]

A proposito dell'efficacia della psicoanalisi è poi interessante il parere aneddotico di Eric Kandel, uno dei più famosi neuroscienziati riduzionisti del mondo, che ha recentemente ricordato come anni fa si sottopose ad un'analisi personale, che gli produsse notevoli effetti benefici. Tuttavia, lo storico della psicologia Allen Esterson, criticando Mark Solms, ha fatto notare come Kandel non ritenga che lo stato attuale delle conoscenze neuroscientifiche confermi la teoria psicoanalitica: secondo quanto Eric Kandel ha scritto nel 1999, "la base neurale di un insieme di processi mentali inconsci" delineata dalle scoperte attuali in neuroscienza "non mostra alcuna somiglianza con l'inconscio di Freud. [...] [Questo inconscio] non è collegato a pulsioni istintive o a conflitti sessuali, e l'informazione non entra mai nella coscienza. Questi insiemi di scoperte rappresentano la prima sfida a una scienza neurale orientata psicoanaliticamente."[10]

[modifica] Critiche recenti alla psicoanalisi

Recentemente, nel 2005, si è fatto un gran parlare sui media in Francia (dove la psicoanalisi dopo l'insegnamento di Lacan in particolare, rispetto ad altre nazioni regna regina incrontrastata) di un libro-libello contro la psicoanalisi dal titolo significativo: Le livre noir de la psychanalyse ("Il libro nero della psicoanalisi") un poderoso volume di ben 800 pagine che punto per punto mette in pubblico i misfatti della psicoanalisi definita dagli autori, una quarantina molto qualificati e di diverse nazionalità, "una colossale mistificazione".
La polemica si è infuocata su stampa, radio e televisioni e non è tardata a venire la risposta: "L'anti libro nero della psicoanalisi" che critica la corrente della TCC (terapia cognitivo-comportamentale) che ha fra i suoi antenati Pavlov e Skinner, e alla quale appartengono diversi autori del "Libro nero". Tuttavia, gli autori principali del "Livre noir", hanno negato che questo "Anti-livre noir" possa considerarsi una vera replica al loro volume: essi osservano infatti come l'"Anti-libro nero" consista nel rimaneggiamento di 47 relazioni presentate a un "Forum anti-TCC" tenutosi 5 mesi prima della pubblicazione del "Libro nero della psicoanalisi", e come solo tre di queste relazioni rielaborate, oltre alla prefazione, citino quest'ultima opera.[11]
In verità queste critiche alla psicoanalisi non sono una novità ma quello che ha suscitato uno choc negli stessi psicoanalisti è stata la virulenza e la potenza mediatica di questo attacco portato alla psicoanalisi che non ha paragoni in passato.

La traduzione italiana del "Livre noir" (Il libro nero della psicoanalisi) è stata pubblicata nell'autunno del 2006 con una "Premessa all'edizione italiana" della direttrice dell'opera Catherine Meyer.

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